I bambini sono una spugna” è una delle frasi che sottolinea come nell'essere umano, fin dai primi anni di vita, si manifesti il CONTAGIO EMOTIVO. Gli esseri umani, cioè, sono in grado di provare e di rispondere alle emozioni altrui; nei bambini questo avviene soprattutto in risposta alle emozioni degli adulti di riferimento. Quella del contagio emotivo è una capacità innata propria dell'essere umano che si ha grazie ai neuroni specchio. Quando questi neuroni si attivano, verranno attivati gli stessi circuiti cerebrali della persona che si ha di fronte. Perciò, se c'è un adulto preoccupato e spaventato, anche se cerca di nasconderlo con le parole, sarà abbastanza chiaro attraverso i suoi messaggi non verbali che non passeranno inosservati agli occhi del bambino.

In questo momento di allarme per tutti, il bambino si è ritrovato (come gli adulti) a cambiare improvvisamente e drasticamente le sue abitudini. Il Coronavirus è qualcosa di difficile elaborazione soprattutto per i più piccoli perché, innanzitutto, è un “nemico invisibile” e loro hanno bisogno di “vedere” per elaborare.

In alcuni casi, si tende a trattare i bambini come adulti in miniatura, spiegando quello che sta succedendo senza o con pochi filtri, come se si parlasse agli adulti, senza considerare che invece hanno una loro struttura emotiva e di pensiero, diversa da quella degli adulti.

Altre volte, invece, ci si comporta con il bambino negando totalmente (o quasi) la realtà e facendo finta che non possa percepire i segnali di pericolo e di allarme.

Allora, come possono comportarsi gli adulti in questo momento così difficile?

Sicuramente far finta di niente e non lasciar spazio alla verbalizzazione della preoccupazione dei bambini è controproducente e dannoso per lo sviluppo della loro personalità emotiva. Il bambino legge perfettamente il disagio che c'è negli adulti e nel mondo intorno a sé. Una frase del tipo “non è nulla” andrebbe ad invalidare il suo vissuto, lo getterebbe nella confusione emotiva più totale tra ciò che sente emotivamente e nel suo corpo, ciò che vede nel mondo circostante con chiari messaggi non verbali di preoccupazione e pericolo, e ciò che invece gli viene detto verbalmente. Questo è molto sbagliato perché disorganizzerebbe il bambino: invalidare e bloccare il suo vissuto è sempre un errore!

Spesso sono gli adulti spaventati ed impreparati di fronte alle curiosità e domande dei bambini.

Se il piccolo chiede, per esempio, cos'è il Coronavirus, il genitore può utilizzare altre esperienze vissute dal bambino per dargli spiegazioni. Questo gli darebbe la concretezza necessaria, vista la sua difficoltà a comprendere a fondo cose che non può toccare con mano. Per esempio, può essere utile ricordargli quando ha contratto un forte raffreddore o la Varicella ed utilizzare queste esperienze per spiegare cos'è un virus.

I bambini hanno un pensiero concreto ed esempi del genere sicuramente lo aiutano nell'elaborazione e comprensione di un “nemico invisibile”.

Inoltre, se sono molto spaventati possono sicuramente chiedere agli adulti di riferimento se si muore a causa di questo virus.

Un buon modo per rispondere è sottolineare come ognuno di noi ha delle difese che fanno sempre di tutto per non farci ammalare. Anche in questo caso, può essere utile all'elaborazione, ricordare insieme al bambino le volte in cui è guarito da un raffreddore grazie alle difese che ha nel suo corpo. Dargli un messaggio di forza e rassicurazione di questo tipo può aiutarlo a tranquillizzarlo!

Per i bambini il gioco è uno dei modi principali e più importanti di stare al mondo e di relazionarsi con i coetanei.

In questo periodo, possono chiedere agli adulti quando si potrà tornare a giocare con gli altri bambini, anche in questo caso, è opportuno appellarsi ad esperienze già vissute da lui: per esempio, quando aveva la febbre o la Varicella e non poteva stare in contatto con gli altri bambini, né andare a scuola per non contagiarli. Questo, è per far capire al bambino che l'astensione dal gioco ha una spiegazione, un senso e che non è colpa sua, non dipende da lui. Spesso i bambini si colpevolizzano quando sono di fronte ad una situazione inspiegabile e si sentono impotenti nella gestione.

Pur senza negare la realtà, è comunque utile, in questo periodo, coinvolgere i bambini in attività che li distraggano e li tengano impegnati in qualcosa di piacevole, preservando il più possibile la loro quotidianità e ritmi circadiani, mantenendo la regolarità nell'alimentazione e nei ritmi di sonno-veglia, ma anche rinforzandoli nell'esecuzione dei loro doveri quotidiani.

Dedicare più tempo alle attività da poter svolgere insieme in questo periodo, sicuramente darà al bambino un senso di rassicurazione e vicinanza. Qualsiasi attività da poter progettare insieme che alleni alla cooperatività, renderà il bambino meno spaventato e/o angosciato perché non si sentirà solo. Il disegno è uno dei modi principali che il bambino ha per esprimere le proprie emozioni, ma progettare e creare qualsiasi cosa insieme a lui è un toccasana: usare costruzioni, fare lavoretti, cucinare o piantare semini.

I “campanelli d'allarme” che possono manifestarsi nel bambino in un periodo così particolare e preoccupante, possono essere di diverso tipo: vuole dormire nel lettone, è diventato improvvisamente più ubbidiente o più aggressivo (a seconda della sua indole), somatizza con mal di pancia, mal di testa o altri fastidi/dolori nel corpo, ha ripreso a fare la pipì a letto. Sono questi tutti segni in cui il bambino richiede rassicurazioni più che attenzioni. L'adulto, perciò, deve essere pronto a rassicurarlo in maniera autentica e sincera, cercando di non essere spaventante e tenendo presente che “i bambini sono come delle spugne”, leggono benissimo gli stati emotivi e i messaggi non verbali degli adulti di riferimento, molto di più dei messaggi verbali che gli vengono riferiti.

Scritto da Lorena Santarsia